DEGLI ANTICHI SIGNORI DI BAGNOLO, LORO DIVERSE STIRPI, E VICENDE. (1300)

sentenza 1293Tratto da
NOTIZIE E OSSERVAZIONI CRITICHE SUGLI ANTICHI SIGNORI DI BAGNOLO di Giuseppe Manuel di S.Giovanni (attuale Luserna) 1874

Rimane a dire ora dei suddetti signori di Bagnolo, delle varie stirpi in cui erano divisi, non che delle loro vicende dietro i pochi documenti che ce ne restano pendente il secolo XIII, potendo ciò servire anche a gettare maggior luce su tutto[...]

Si vide già dalla surriferita convenzione seguita a Bagnolo il 24 di settembre del 1219 che a quel tempo all'antico casato il quale dallo stesso luogo di Bagnolo aveva preso il suo nome erasi aggiunto un altro che chiamarvisi della Torre ed aveva pure parte alla giurisdizione su detto luogo.

Il primo è quello che indi a non molto, e non più tardi certamente dei primi anni del seguente secolo XIV, prese a distinguersi col cognome degli Albertenghi venuto dall'esservi in esso stati per varie generazioni parecchi del nome di Alberto, Uberto od Oberto, li quali, come si scorge dalle stesse loro scritture, non erano che diverse inflessioni dello stesso nome.

Così troviamo che circa lo stesso tempo i della Torre cominciarono a chiamarsi Turresani o Torosani o anche Tolosani per corruzione del loro antico nome come sembra più probabile, piuttosto che abbiano, come pensa monsignor Della Chiesa, preso tal nome da un Toloso vivente di questa famiglia circa la metà di quello stesso secolo.

Da ciò poi che vediamo quelli di questa casa, massime nei tempi più antichi, aggiungere sempre al loro nome l'appellativo de torri, pare probabile che quel Bosone, detto semplicemente di Bagnolo, il quale si vide intervenuto all'atto di transazione delli 28 giugno 1197 fra l'abate di Staffarda ed i signori di Luserna, appartenesse alla prima delle dette stirpi, massime vedendo ripetuto lo stesso nome fra quelli della medesima che trovarsi nominati nella suddetta scrittura del 24 settembre 1299, e sono tutti quelli che ivi sono detti semplicemente signori di Bagnolo, e furono sempre considerati come provenienti da uno stesso stipite, benché, come appare dallo stesso atto, si trovassero già allora divisi in vani rami.

Anche dei Della Torre appare dallo stesso istromento che ne esistevano già in quel tempo più rami; se non che da altri documenti posteriori, benché di quello stesso secolo, sembra dedursi che non tutti derivassero da uno stesso stipite, e che altri fossero, o almeno potessero credersi originari di questi paesi, mentre altri avessero avuto loro origine dai signori del Canavese, alcuni dei quali portarono anche lo stesso appellativo -di della Torre. E di questa sentenza pare sia lo stesso vescovo Della Chiesa dicendo che alcune porzioni del castello di Bagnolo erano tenute dai signori della Torre dei conti di san Martino (1); come anche risulta dalle storie del Canavese che una famiglia di tal nome vi esisteva nel secolo decimosecondo, e che di essa un Filippo ed un Oberto della Torre dicentisi fratelli e figli di un Enrico, insieme ad un Guglielmo figlio di Ulrico, pure della Torre loro cugino, con atto del 1176 facevano acquisto da certi Griva di Loranzè del sito ove poscia fabbricossi il castello di Arundello (2).

Questi poi troviamo che per distinguersi dagli altri della Torre, pure signori di Bagnolo (giacchè anche fra i signori di Luserna vi erano allora alcuni che portavano lo stesso nome della Torre), aggiunsero ai loro nomi l'indicazione de canapicio, colla quale li vediamo designati in parecchi atti del secolo decimoterzo. E credo non improbabile sia già fra essi quell'Enrico della Torre de canapicio, il quale trovasi così nominato nell'istromento detti 15 novembre di quello stesso anno 1299 stipulato nel castello di Brianzone fra Andrea delfino di Vienna ed i delegati del marchese Guglielmo di Monferrato, ed a cui egli intervenne come testimonio (3).

Li 27 aprile del 1223 presso ai luoghi di Piossasco e di Cumiana a mediazione degli ambasciatori di Vercelli venivano firmati i capitoli della pace fra il conte Tommaso di Savoia ed i castellani del Piemonte, i quali avevan tenute le parti del vescovo e del comune di Torino nella guerra che era stata fra loro, intervenendo per parte dei medesimi li Milone e Federico di Piossasco.

Ed alli 30 dello stesso mese lo stesso atto ripetevasi in Vigone fra il conte Tommaso ed i signori di Bagnolo e di Barge […]

Dopo i surriferiti non trovo altro documento in cui sia menzione dei signori di Bagnolo sino all'anno 1265 in cui, come risulta da atto delli 7 di luglio, riportato dal Muletti (4), un dominus Arduinus de Bagnolio era presente ad una investitura concessa dal marchese Tommaso di Saluzzo a favore del monastero di Rifreddo nella valle del Po, il qual Arduino benché non si veda ivi designato coll'aggiunta de canapicio, io non dubito punto sia lo stesso già nominato nel suddetto istromento del 1243.

E un Giacomo di Bagnolo troviamo pure che alli 24 di maggio del 1286 era fra i deputati dei castellani convocati nel luogo di Giaveno a riconoscere il conte Amedeo V di Savoia, quale amministratore dei figli del defunto conte Tommaso di Fiandra (5).

Finalmente in un indice delle investiture dell'archivio di Stato in Torino troviamo notizia di un atto con cui alli 15 di ottobre del 1290 uno dei signori di Bagnolo, di cui non si capisce ivi bene il nome, ma che pare debba essere l'Ardiciotto nominato nel seguente istromento del 1293, faceva fedeltà al conte Amedeo di Savoia della dodicesima parte del feudo e castello di Bagnolo.

Ma più dei suddetti è importante il documento contenente la sentenza arbitramentale pronunziata li 31 marzo del 1293 nel castello di Bagnolo dalli Nicolò di Bagnolo ed Alberto figlio di Alberto pure di Bagnolo (appartenenti sì quello che questi, come dai loro nomi pare più probabile al casato detto poscia degli Albertenghi), nominati arbitri per parte dei signori, e dalli Giacomo Ribota e Guglielmo Morello, delegati dagli uomini e comunità del luogo di Bagnolo a definire le controversie che da lungo tempo erano fra loro per le taglie ed altre prestazioni a quelli dovute, e pia altre questioni riguardanti anche il regime interno della stessa comunità e l'ingerenza che vi spettava ai suddetti in forza dei diritti loro signorili.[…]

Nell'amministrazione del comune avevano parte tanto il consorzio dei signori, quanto gli altri uomini, rappresentato quello da un procuratore, questi dal loro sindaco, e fra tutti due eleggevano la credenza, ossia il consiglio. Ma l'elezione del podestà spettava unicamente ai signori ed era annua. Si stabilì però che per quei primi cinque anni sarebbe stata fatta dalla credenza, ed elettovi un suddito del conte di Savoia, ma estraneo a Bagnolo.

Era riservata ai signori la terza parte delle successioni, e dite parti sul terzo delle vendite: che però se la successione era di un estraneo, quel terzo spettasse a quei soli dei signori i quali avevano giurisdizione sul castello. Chi poi fossero questi devo dire che non mi risulta da questo né da altro documento, apparendo però da ciò che non a tutti i signori componenti il consorzio di Bagnolo spettavano uguali diritti, e che lo stesso castello era solamente da una parte di essi posseduto.

La taglia che doveva pagare la comunità al consorzio dei signori fu stabilita in lire trentasei viennesi all'anno, e doveva inoltre la medesima provvedere per la custodia del castello, non però alle riparazioni delle sue mura.

Finalmente fu fatta facoltà agli abitanti di Bagnolo di fabbricarsi un ricetto, ossia nuovo recinto nel sito ivi detto planum reventorum presso al torrente Grana da comprarsi a spese del consorzio dei signori, ed in cui fossero quelli tenuti di fabbricarsi la loro casa pagando al medesimo un annuo fitto di dodici denari viennesi, nonché però rimanessero sempre soggetti agli stessi signori a cui prima appartenevano, e lo stesso obbligo incombesse ai rettori della chiesa parrocchiale e di quella della confraternita, lasciato solo immune lo stallo destinato pro remedio animarum suarurn: et antecessorurn suorum.

Per intelligenza della qual ultima clausola è da notare come fosse nei tempi antichi il luogo di Bagnolo, composto di sole due borgate, dette ora del Villar e del Villaretto, quella sulla collina prossima al castello che era la principale, questa più verso la pianura.

Pare poi che non abbia essa allora avuta la sua esecuzione, poiché troviamo che nella franchigia, la quale concedeva poi il principe Giacomo di Acaja li 29 di ottobre del 1338 alla stessa comunità ed uomini di Bagnolo largiva speciali favori a quelli fra essi i quali avrebbero costruito le loro case in villa de novo facienda ei cosiruenda in bagnolio loco dicco ad mercayle, e ne faceva anzi special obbligo agli abitanti del Villaretto per il tempo di guerra, imponendo pure l'annuo fitto di denari dodici viennesi. Nella qual franchigia è anche da notare che niuna menzione si vede più fatta. dei signori di Bagnolo, né del loro consorzio (6).

Ma neppure questa franchigia sembra abbia sortito allora in ciò il suo effetto, e sorse solo l'attuale maggiore borgata di Bagnolo dietro nuova convenzione del 3 giugno 1400 col principe Amedeo d'Acaia.

Ritornando alla suddetta sentenza arbitramentale del 31 marzo 1293 soggiungerò ancora come, oltre ai sunnominati arbitri, vi sono anche segnati quali testimoni un Giacomo ed un altro Alberto di Bagnolo, dei quali il primo già vidimo menzionato nel succitato atto del 1286, ed il secondo era priore della chiesa di S.Pietro dello stesso luogo, ed appartenevano, a quel che sembra, ambedue allo stesso casato degli Albertenghi.

Ultimo dei documenti riguardanti i signori di Bagnolo che mi sia stato dato di trovare nel secolo decimoterzo è l'istromento d'investitura ai medesimi, concessa il 28 di febbraio del 1295 di ciò che tenevano in feudo dal principe Filippo di Savoia, figlio del predetto conte Tommaso.

Si scorge da questa investitura che la sola metà del fendo di Bagnolo era più allora posseduta da quei signori che si trovano in essa nominati ed appartenevano tanto al casato antico dei Bagnoli, quanto all'altro dei della Torre; né di questi se ne vede più alcuno distinto coll'appellativo de canapicio, che non trovo più da alcuno usato dopo il suddetto istromento del 1243, e pare quindi siansi da allora quelle due case della Torre confuse sotto il comune nome di Torresani, col quale vediamo nei documenti posteriori chiamati gli individui di esse senza altra distinzione.

Cominciarono invece allora i vari rami tanto dei Bagnoli od Albertenghi quanto dei Torresani, come si trovano chiamati specialmente a principiare dal secolo XIV, per distinguersi fra loro ad adottare i soprannomi di Rape, Paparel la, Pipino, De Ovibus ed altri, enumerati dal Della Chiesa ; col primo dei quali vediamo già menzionato il Giacomo Rapa nella suddetta investitura.

Si è poi da codesti ultimi documenti, cioè tanto da quelli dell'anno 1243 quanto da quelli del 1293 e 1295 specialmente, che appare ciò che sopra già si accennò intorno all’identità dei nomi portati dalla maggior parte di codesti signori di Bagnolo con quelli che avevano circa lo stesso tempo alcuni dei principali capi degli eretici Bagnolesi che erano allora nella Lombardia, come risulta dagli atti del summentovato processo contro l'Armanno Pungilupo, dai quali infatti si vede che era fra essi un Alberto il quale aveva la dignità di vescovo, ed aveva sotto di sé un Albertino con quella di figlio maggiore e si nominano anche fra gli stessi settari un Bergunzio ed un Corradino, ed inoltre un Michele ed un Francesco quali troviamo eziandio menzionati in altri documenti a questi poco posteriori degli stessi signori di Bagnolo; donde avrebbe sì, come già si disse, argomento a pensare che potessero essere questi stessi signori i quali partigiani segreti degli eretici nelle loro terre del Piemonte, ove forse erano più tenuti in soggezione dai principi di Savoia, si portassero quindi nella Lombardia, come al dire del Rainerio facevano i Valdesi, dove trovavano maggior numero dei loro correligionari.

Quanto all'altra metà del feudo di Bagnolo, la quale, come si vede dai surriferiti atti e specialmente da quello del 1295, non era più posseduta da codeste famiglie, non essendovi memoria che altri-ne fosse investito, io credo più probabile si trovasse già allora alle mani del principe di Acaia, in cui fosse caduta per qualche causa ora a noi non nota.

Quindi troviamo che nel 1351 il principe Giacomo concedeva già una parte dei redditi al Pietro Malingro di S.Genix nel Belley; e poi il principe Ludovico con patenti del 7 di settembre del 1412 investiva dell'intiero feudo l'Amedeo Malingiro suo scudiero, e maestro dell’ospizio (7), fatta sola riserva dei diritti ancora spettanti agli antichi signori che dovevano quindi essere già di molto diminuiti.

Riguardo a questi, dopo essersi ancora moltiplicati e suddivisi in altri minori rami, si estinsero poi i Torresani verso la fine del secolo decimosettimo, e gli Albertenghi solo nel presente nella persona dei conte Luigi Albertengo di Bagnolo, morto a Vigone nel 1821 senza posterità.

Rimarrebbe ora, come già sopra si disse, a vedere se dal fin qui detto possa aversi un qualche maggior fondamento a stabilire se non con certezza, almeno con qualche probabilità che realmente codesti antichi signori di Bagnolo siano stati nel secolo XIII partecipi degli errori degli eretici Bagnolesi, ed abbiano avute relazioni con quelli di questa setta che erano allora specialmente nella Lombardia e nella Romagna.

Siccome però nulla si trova in alcuno dei surriferiti istrumenti (che sono i soli che potei rinvenire concernenti quei signori in quel tempo), da cui ciò potere indurre, e nemmeno da alcuno scrittore ne è fatta parola, ad eccezione di quel poco che ne dice il sullodato Pietro Giofredo, parmi nulla potersi quindi avere di più sicuro del già sopra accennato.

Un fatto solo indubitato risulta da tutto ciò, ed è il rapido decadimento di tutte quelle case che al principio del secolo XIII avevano dominio su Bagnolo, e di cui avevano già perduta la metà in quello stesso secolo, come pare più probabile bene esaminando il citato istromento delli 31 agosto 1243; e quindi nel 1338 avevano pure perduto la maggior parte dei diritti che ancora loro spettavano a tenore della suddetta sentenza arbitramentale del 31 marzo 1293.

Ne dai succitati documenti, nè da alcuna altra memoria di quei tempi risulta di alcuna particolar causa a cui quel decadimento debba attribuirsi; ma essendo esso avvenuto principalmente in quel tempo in cui era più in vigore la setta dei Bagnolesi, parmi non avventurata troppo la congettura di chi volesse attribuire quel decadimento all'essere stati una parte di quei signori privati del loro feudo pel crimine di eresia, che era punito in quei tempi colle pene più severe, e spogliazione di ogni diritto feudale.

Tale conghiettura poi troverebbe anche appoggio nel fatto del trovarsi ancora oggidì sia nel luogo stesso di Bagnolo, sia nei circonvicini, parecchie famiglie tanto di Albertenghi, quanto di Torresani, detti anche ora Tolosani, le quali, quantunque antiche di quelle regioni, non avendo alcun dritto su quel feudo, dopo l'estinzione delle suddette due case tutto consolidato nei conti Malingri, potrebbero non inverosimilmente credersi discendenti da alcune di quelle più antiche, le quali per la su narrata causa ne fossero decadute.

(1) Della Chiesa. Descrizione del Piemonte, cap. di Barge e Bagnolo.

(2) Bertolotti. Passeggiate nel Canavese, vol. 4°, p. 48

(3) È riportato nella Storia del Monferrato di Benvenuto S. Giorgio presso il Muratori

(4) Storia si Saluzzo, tom 2, pag.361

(5) Datta. Storia dei principi di AcaJa, vol. V, p. 938.

(6) R. archivio di Stato in Torino, sezione 3a. Estratto dei titoli per feudi ed acque, vol.2°

(7) Discendenti dell’Amedeo Malingro sono gli attuali conti Malingri di Bagnolo